Gian Clemente Parea

Gian Clemente Parea

di Emiliano Mutti e Salvatore Milli

gian clemente parea

Gian Clemente se ne è andato. Eravamo compagni di università a Milano, studiavamo insieme e insieme a pochi altri fummo i pionieri della sedimentologia in Italia. Tempi lontani, di studio e amicizia. L'amicizia è sempre rimasta.

Gian Clemente lo ricorderò sempre per la sua rettitudine, coerenza e originalità di pensiero. È sempre riuscito a vedere i problemi in una sua ottica speciale, frutto di una curiosità senza limiti, e al di fuori di mode e modelli. I suoi primi lavori sulle torbiditi e soprattutto quello su prossimalità e distalità delle facies sono stati davvero pionieristici a livello internazionale. Era quello un momento magico in cui la sedimentologia italiana aveva una sua leadership riconosciuta e creava modelli invece di subirli.

Penso che una qualità unica di Gian Clemente fosse quella  di vedere ed incuriosirsi su dettagli e aspetti sedimentologici e geomorfologici che sfuggivano a tutti gli altri e che risultavano sempre in contributi originalissimi, verbali o scritti che fossero.  Rispetto a quello che conosceva e alle idee che sapeva sviluppare ha certamente pubblicato poco. Forse aveva troppe cose da dire e non trovava il tempo di scriverle.

Ricordo, tra le tante discussioni, quella sui sistemi torbiditici e sulla loro origine. Diceva che le correnti di torbida altro non erano che l'estensione subacquea di correnti fluviali subaeree. Eravamo nei primi anni novanta. Chi ha familiarità con le torbiditi può forse capire la genialità dell'intuizione.

Eravamo amici anche se molto diversi e questo ci portava a interminabili e vivacissime discussioni non soltanto geologiche per la cocciutaggine di entrambi.

È stato un uomo buono, onesto e gentile e un ricercatore di grande originalità.

Ti ricorderemo

Emiliano Mutti
 
Foto: Gian Clemente Parea che prepara l'esame di Fisica nel 1957 assieme a Erman Mongilardi (a sinistra) e Emiliano Mutti (a destra).

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L'ho conosciuto  quando giovane e appena laureato ho cominciato a partecipare alle riunioni scientifiche dell'allora Gruppo Informale di Sedimentologia e mi ha sempre attratto la sua curiosità  e il suo approccio ai problemi sedimentologici.

È  stato uno dei revisori della mia tesi di dottorato e insieme abbiamo passato alcune serate a Modena,  nell'allora Istituto di Geologia, a discutere sui depositi che erano l'oggetto del mio dottorato.

Nell'estate del 2015 sono andato a trovarlo nella sua bellissima casa che ha sul Lago di Como, ed è stato una bella rimpatriata; mi ha messo al corrente dei suoi studi sulle origini dei laghi pre-alpini, sulla pubblicazione delle note italiane, e gli ho chiesto di produrre una versione in inglese da pubblicare sulla rivista che dirigo.

Il 13 di ottobre di quest'anno ci siamo sentiti via posta elettronica e mi aveva accennato a questo sua malessere che non gli consentiva di camminare. Ma era entusiasta, mettendomi al corrente che stava lavorando sulla versione inglese  dell'articolo che gli avevo chiesto. Purtroppo non è arrivato a compimento questo suo ultimo lavoro, interessante dal momento che ho letto la versione italiana.

Sono contento di averlo rivisto dopo diversi anni e credo che rimarrà un esempio a cui possono fare riferimento i giovani ricercatori italiani che si approcciano alla sedimentologia.

Un caro saluto Gianclemente

Salvatore Milli