Alberto W. Bally

Un saluto ad Alberto W. Bally

di Carlo Doglioni

AlbertW Bally
A Roma, per Albertone si penserebbe subito ad Alberto Sordi. Albertone era il nickname di Albert W. Bally, che amava molto Sordi, come tutta la filmografia italiana. In molti di noi sappiamo che l'Albertone geologo ci ha regalato tantissimo. Albertone ha insegnato a generazioni di 'profughi' geologi da tutto il mondo, dalla Cina al Marocco, dalla Spagna al Venezuela, dall'Europa o Russia al Canada. Uomo di grande spessore umano, si è speso con innata generosità, regalando a tutti coloro che lo contattavano o che avevano la fortuna di lavorare con lui alla Rice University di Houston, la sua scienza regionale distribuita su tutto il globo, esattamente enciclopedica. In molti lo chiamavano 'The Vangel', perché aveva una risposta ragionevole e circostanziata sulla geologia di qualsiasi parte della terra, con intuizioni forti o eretiche, rivelatesi nella gran parte dei casi corrette. Una delle sue chiavi di lettura delle catene o dei margini passivi era che il riconoscimento dei piani di scollamento in tettonica o geologia strutturale è l'equivalente della ricostruzione dei limiti di sequenza deposizionale nelle serie sedimentarie.
 
A.W., Bally, nato in Olanda nel 1925 da padre svizzero e madre olandese, aveva speso diversi anni in Italia durante la sua giovinezza, e dove anche condusse, studente dell'ETH, il suo PhD sulla Majella. Parlava le lingue in modo invidiabile: ricordo quando, ospite presso la Rice, per aiutarmi a entrare nella cultura americana, mi regalò dei classici del far west di Louis L'Amour: "The strong shall live" o "Showdown at the yellow butte"; li ho ancora. L'italiano lo parlava certamente molto meglio di tantissimi italiani, con un vocabolario erudito e ampio. Una sua studentessa mi disse: "non hai idea del livello incredibilmente colto del suo americano". Albertone conosceva in modo approfondito e spirito critico non solo la storia italiana, americana e mondiale, ma aveva una lucida cultura e conoscenza prospettica dell'economia e della politica globale. Sentirlo era sempre un'occasione per arricchirsi. Era uno spasso ascoltarlo raccontare quando fu arrestato erroneamente per un furto di galline in Sicilia: i ricordi del suo periodo passato nell'Italia del dopoguerra erano come vivere un film neorealista. Per i pochi di voi che non avessero letto questa vicenda e varie altre, allego un articolo.
 
Albertone era un maestro dell'interpretazione sismica a riflessione: una tecnica formidabile per capire come è strutturata la crosta, un metodo che sarà probabilmente sempre più abbandonato per i costi che in passato potevano essere sostenuti solo dalle compagnie petrolifere. Un'età d'oro per la geologia che non sappiamo se ritornerà, ma che senza la quale ora saremmo ancora alle conoscenze ottocentesche.
I geologi del petrolio avevano (hanno) delle competenze e una pragmaticità legata alla concretezza delle proprie attività e per questo cercano la 'verità' geologica più che il 'modello'. Penso ricorderete bene che Wegener fu invitato a tenere una conferenza di rilievo solo dall'AAPG, mentre tutte le società scientifiche internazionali lo deridevano. Da un punto di vista umano e culturale sono un po' preoccupato: per via del global warming, fatto conclamato e ineludibile, chiunque lavori o abbia lavorato con l'industria petrolifera sta venendo però ingiustamente criminalizzato. Eppure solo 20-30 anni fa chi trovava un giacimento era considerato quasi un eroe. La ricerca mineraria ha inoltre permesso un salto quantico nella comprensione della struttura ed evoluzione della terra grazie alla sismica a riflessione e i pozzi. Peter Vail non avrebbe potuto proporre la sua sequence stratigraphy senza questi dati. Albertone, prima ancora di Dahlstrom, ha codificato le sezioni geologiche bilanciate sulla base dei profili sismici delle Montagne Rocciose (Bally et al., 1966).
 
Albertone, con mia sorpresa e amarezza, è quasi sconosciuto dai geofisici americani e non solo, eppure è stato veramente un innovatore, un grande conoscitore delle geometrie e della cinematica dei margini continentali di tutto il mondo. Quando frequentavo Houston lui riceveva ogni giorni da ogni parte del pianeta pacchi di linee sismiche da servizi geologici o industrie per avere un suo parere e interpretazione. Lo prendevamo in giro storpiando la preghiera del "Padre Nostro... dacci oggi il nostro pane quotidiano", dicevamo "give us our daily seismic line": e lì si imparava la struttura del margine passivo argentino, del prisma di accrezione in Alaska o nel Makran, oppure la struttura della Mongolia, del Bacino di Flores o del Mar della Cina meridionale, per non parlare degli onnipresenti Golfo del Messico e Appennino. Le sue sezioni dell'Appennino centrale-Adriatico presentate allo storico convegno di Roma, organizzato magistralmente da Antonio Praturlon e Maurizio Parotto (Bally et al., 1986), sono ancora una pietra miliare della struttura della catena peninsulare. Bert o Albertone è stata una miniera di informazioni dispensate a tutti, con una capacità comunicativa straordinaria, accompagnata da una passione viscerale, propria anche di chi sapeva di aver metabolizzato una conoscenza rara, se non unica.
In Italia, ma non solo, nelle università e negli enti di ricerca delle geoscienze sono rarissimi i posti dove si sa acquisire e tanto meno interpretare un profilo sismico, mentre dovrebbe essere appunto una base di riferimento sia per lo studio dei terremoti, che per qualsiasi altra ricerca geologica che geofisica.
 
Vi invito a leggere il necrologio di A.W. Bally scritto con stile raffinato e preciso nell'onorare un grande scienziato, un grande intellettuale, un grande amico, da Daniel Bernoulli (2019).
 
Bally, A.W., 1986. Balanced sections and seismic reflection profiles across the Central Apennines. Mem. Soc. Geol. It., 35, pp.257-310.
Bally, A.W., Gordy, P.L. and Stewart, G.A., 1966. Structure, seismic data, and orogenic evolution of southern Canadian Rocky Mountains. Bulletin of Canadian Petroleum Geology, 14(3), pp.337-381.
Bernoulli D., 2019, Albert W. Bally (1925–2019). International Journal of Earth Sciences, https://doi.org/10.1007/s00531-019-01792-w