Giorgio Zanzucchi e Giovanni Papani

In ricordo della recente scomparsa di due eminenti geologi dell'Università di Parma

di Silvia Iaccarino ed Emiliano Mutti

Zanzucchi Papani copia

Nel giro di pochi mesi, la Geologia dell'Università di Parma ha visto andarsene due eminenti geologi che ne avevano contribuito allo sviluppo in maniera determinante nel corso di vari decenni: Giorgio Zanzucchi e Giovanni Papani.

Zanzucchi, fondatore nel 1958 assieme all'allora direttore Prof. Sergio Venzo del nascente Istituto di Geologia di Via Kennedy, e Papani furono i pionieri nel ridare giusta attenzione alla geologia dell'Appennino settentrionale, interesse che si concretò presto nella straordinaria carta geologica in scala 1:100 000 della provincia di Parma e zone limitrofe. Per chi sia un poco familiare con la geologia dell'Appennino, questa carta, pubblicata nel 1965, fu una pietra miliare per modernità di approccio e accuratezza di rilevamento e Giorgio Zanzucchi, come rilevatore e coordinatore, ebbe parte preponderante nel progetto.  Ancora oggi la carta è e rimane un documento fondamentale per chi voglia districarsi nella complessa struttura geologica delle nostre valli. Per la prima volta, il mondo affascinante ma confuso dei modelli di Anelli e Merla (principalmente fenomeni gravitativi e "argille scagliose"), lasciò spazio a una moderna litostratigrafia corredata da dati micropaleontologici apportati dall'altrettanto pionieristico lavoro di Francesco Barbieri, il fondatore della Scuola di Micropaleontologia di Parma, e dei suoi primi collaboratori. La struttura a falde dell'Appennino, riproposta pochi anni prima da Piero Elter,  così come la possibilità di stabilire un'accurata stratigrafia anche delle "Liguridi" (falde di origine ligure) furono più o meno esplicitamente incorporate nella carta, attraverso contatti tettonici e stratigrafici ben separati e precise datazioni paleontologiche.

A partire da questo progetto, Papani e Zanzucchi divennero punti di riferimento per le giovani leve che si stavano formando all'Istituto di Geologia, e poi Dipartimento di Scienze della Terra, di Parma. Papani promosse studi geomorfologici, stratigrafici e soprattutto di moderna geologia strutturale e geodinamica; Zanzucchi optò invece per quelli sulle ofioliti, i "complessi di base" e i flysch delle falde liguri e loro problematica paleogeografia. Entrambi contribuirono in maniera fondamentale, come rilevatori, direttori di rilevamento e coordinatori, alle nuove e splendide carte in scala 1: 50.000 dell'Appennino in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna.

Zanzucchi e Papani erano persone molto diverse.

Zanzucchi era estroverso e cordiale, pieno di un contagioso entusiasmo, e praticamente assente dal suo ufficio poiché perennemente in giro negli Appennini a studiare o contemplare le rocce. Zanzucchi lo si può capire soltanto andando in Val Baganza, dove aveva la casa paterna che era il suo buen retiro, e osservando le meravigliose rocce che affiorano tra Calestano e Berceto.  Questa è vera e propria geologia per iniziati.

Uno degli scriventi ebbe occasione di accompagnare nella seconda metà degli anni 60 un famoso geologo nord-americano a visitare questi affioramenti cercando di spiegargli che il flysch del Cassio, del Caio e dello Sporno erano oggetti differenti come giustamente sosteneva Zanzucchi. La reazione fu tagliente: "Voi siete dei visionari: sono la stessa cosa". Non ci fu modo di proseguire la discussione, soprattutto dovendo aggiungere che tutto era galleggiante su unità più recenti non affioranti ed era stato trasportato in falde da un'originaria patria ligure. Apprezzare la geologia della Val Baganza rimane in effetti un privilegio per élites, magari visionarie, e Zanzucchi ne era il rappresentante migliore. E' una geologia che non si può esportare e far capire a chi viene da altre culture. Eppure, la straordinaria capacità di Zanzucchi era proprio quella di saper divulgare e tratteggiare (sapeva disegnare benissimo!) in forma semplice, quasi elementare, anche le situazioni geologiche più complesse. Pertanto, i tratti generali di questa geologia e di quella dell'Appennino parmense sono entrati nelle case di quasi tutti con capillari spiegazioni in tutte le possibili sedi locali.  Nei comuni dell'alto Appennino il nome di Zanzucchi è sinonimo di geologia e noi pensiamo che almeno in Val Baganza una stele dovrebbe ricordare questo grande divulgatore e autentico geologo del territorio.

Papani invece, era persona riservata e sempre molto attenta alle esigenze degli altri, metodico e costante nello sviluppare i suoi studi e molto aperto alle nuove problematiche e metodologie che via via si stavano individuando nelle Scienze della Terra. Uscì dall'Appennino e partecipò a progetti di ricerca di ampio respiro internazionale come l'evoluzione geodinamica della catena Pontica e del mar Nero organizzato dal Centro di studi per la Geologia dell'Appennino del CNR di Firenze in accordo con il M.T.A. Enstitùsù di Ankara, che ha portato ad una nuova interpretazione della stratigrafia e tettonica dell'area.  Negli anni ottanta, assieme a ricercatori delle Università di Milano, Firenze e il Ministère de l'Energie et des Mines del Marocco operò nell'ambito del progetto "Litosfera" concentrando le ricerche sulla tettonica fragile recente e attiva del Mediterraneo occidentale. Il progetto durato un decennio ha operato sulla Cordigliera Betica e sul Rif Marocchino con analisi strutturali e lo studio stratigrafico-sedimentologico di bacini neogenico-quaternari contribuendo alla ricostruzione post collisionale dell'intera area Mediterranea.

Il valore del suo insegnamento lo si può apprezzare dalla qualità della ricerca di suoi ex-allievi come Artoni, Bernini e Torelli su Appennino settentrionale, Arco Calabro e Fossa Bradanica.

Entrambi, per la vasta conoscenza della geologia regionale, erano in grado di guidare magistralmente escursioni che dal Tirreno portavano gli studenti alla Pianura Padana. Soltanto Paolo Vescovi, allievo di Zanzucchi, era forse in grado di fare altrettanto. Sfortunatamente per gli studenti di Parma, Vescovi è andato di recente in pensione. Il pensionamento e ora la loro scomparsa hanno lasciato un vuoto non facilmente colmabile nelle Scienze della Terra di Parma. A Parma non mancano certamente le eccellenze, ma quelle che ne facevano un punto di riferimento obbligato per la Geologia dell'Appennino settentrionale purtroppo sono venute a mancare.  Noi salutiamo qui con tristezza Papani e Zanzucchi come colleghi e soprattutto come indimenticabili amici.
 
Silvia Iaccarino
Emiliano Mutti
 
Già professori ordinari dell'Università di Parma