Il terremoto in Albania del 26-27 Novembre 2019: una prospettiva geologica

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Società Geologica Italiana

A cura del socio Andrea Argnani
 
Alle 3:54 della notte del 26 Novembre molti abitanti della Puglia sono stati svegliati da un preoccupante tremore che faceva oscillare i lampadari; tutto si è risolto senza danni e con solo un poco di spavento. Il dramma si consumava invece dall'altro lato dell'Adriatico, in Albania nei pressi di Durazzo, dove una scossa di terremoto di Mw 6,2, seguita nelle 4 ore successive da altre tre scosse con Mb > 5,0, ha provocato ingenti danni e causato la perdita di molte vite umane, in un numero a oggi non ancora completamente quantificabile ma purtroppo superiore a 40.

Vediamo come si può inquadrare questo evento nel contesto sismotettonico regionale, che presenta una certa complessità geologica.

La sismicità dell'area balcanica è nota da tempo, come riportato nelle mappe di sismicità dell'800 che il (proto)sismologo irlandese Robert  Mallet aveva disegnato (Fig. 1) come preparazione al suo viaggio per studiare il grande terremoto che colpì la Basilicata, allora Regno di Napoli, nel Dicembre 1857 (Mallet, 1862).


Fig. 1 - Fasce di sismicità individuate da Robert Mallet (1862). Viene evidenziata l'intensa sismicità dell'Appennino e dei Balcani, con anche un collegamento fra i due domini attraverso l'Adriatico, posto fra il Gargano e il Montenegro.

I cataloghi storici disponibili non vanno troppo indientro nel tempo ma mostrano che l'Albania è stata interessata da oltre 10 forti terremoti (Mw>= 6) negli ultimi 200 anni (Kiratzi e Dimakis 2013), a indicare una importante storia sismica di cui forse non si è tenuto troppo conto nella recente espansione edilizia spinta dalla crescita economica.

Questa sismicità è legata alla storia subduttiva dell'area Dinarico-Ellenica nell'ambito della convergenza fra la placca africana e quella eurasiatica, che in quella regione è stata attiva da ben oltre 100 milioni di anni, e che è tuttora testimoniata dall'intensa sismicità dell'Arco Ellenico, dove la placca africana si immerge sotto all'Egeo. Questa fascia di sismicità continua, seppur con intensità ridotta, nella catena montuosa della Grecia occidentale per proseguire poi in Albania e Montenegro (Fig. 2).

Fig. 2 - Sismicità strumentale della regione peri-adriatica per un intervallo di profondità da 0 a 50 km (da Vannucci et al., 2004); la dimensione dei cerchi gialli è proporzionale alla magnitudo. La distribuzione della sismicità inviluppa Adria delineando la sua natura di promontorio africano. Si noti l'intensa sismicità dell'arco ellenico, che si estende anche all'Albania e al Montenegro, mentre l'intensità si riduce notevolmente nella catena montuosa delle Dinaridi.

I terremoti compressivi al fronte di queste catene (ad esempio il forte terremoto Mw 6,9 del Montenegro nell'Aprile 1979) indicano che un raccorciamento è tuttora in corso in questo settore di catena che borda a oriente l'Adriatico centro-meridionale (Fig. 3, inserto). I terremoti avvenuti nei pressi di Durazzo fra il 26 e il 27 Novembre si collocano in questo contesto, come confermato dal meccanismo focale della scossa principale che mostra piani di faglia compressivi posti a ca. 10 km di profondità.


Fig.  3 - Mappa strutturale semplificata della regione adriatica meridionale (da Argnani, 2013) con in rosso indicati i principlai fronti di sovrascorrimento.; nelle linee che marcano le strutture di sovrascorrimento i triangoli indicano il lato che sovrascorre Sono ubicati anche gli epicentri dei terremoti albanesi del 26-27 Novembre 2019 (in rosso, pallini e stella per la scossa principale), del terremoto di Durazzo del 21 Settembre 2019 (pallino blu) e del terremoto del Montenegro del Dicembre 1979 (stella verde). L'ubicazione e' basata sui dati del Centro Nazionale Terremoti dell'INGV (http://cnt.rm.ingv.it/). Il margine della Piattaforma Apula, che affiora estesamente in Puglia (Apula) e' indicato dalla linea verde. La linea nera spessa indica l'ubicazione del profilo sismico a riflessione mostrato in Fig. 4 e quella tratteggiata l'ubicazione del profilo regionale in Fig. 5.  L'inserto (da Kiratzi e Dimakis, 2013) mostra i meccanismi focali dei principali terremoti avvenuti nell'area; i terremoti compressivi in rosso delineano la fascia lungo la quale si collocano gli eventi del 26-27 Novembre.

L'assetto geologico nella zona di raccordo fra le Dinairidi e le Ellenidi-Albanidi mostra delle complessità strutturali che hanno le loro radici nella paleogeografia mesozoica della regione (Argnani, 2013). Il fronte della catena Albanese si estende a mare, dove è stato studiato grazie ad alcune campagne di acquisizione sismica volte a investigare la geologia del mare Adriatico (Argnani et al., 1993, 1996; Argnani 2013). Una particolarità di questo settore di catena è data dalla presenza di importati retroscorrimenti nella parte frontale (Fig. 3), che sono correlabili alla distribuzione spaziale dei domini mesozoici di piattaforma carbonatica e bacino pelagico. Il magine della Piattaforma Apula, che affiora estesamente in Puglia, si può seguire a mare fino alla parte meridionale dell'Albania, dove sono presenti sovrascorrimenti verso l'avampaese. Nel settore di catena che fronteggia il bacino adriatico meridionale, invece, i profili sismici evidenziano la presenza di un'avanfossa riempita da un grande spessore di sedimenti clastici oligocenico-quaternari; e al fronte di catena si osserva lo sviluppo di retroscorrimenti legati a una struttura nota come "zona a triangolo" (Fig. 4).



Fig. 4 - Profilo sismico a riflessione che attraversa in senso est-ovest l'avanfossa albanese e intercetta il fronte della catena (da Argnani, 2013). Si osserva il progressivo approfondimento verso est del riflettore che marca la base dei sedimenti oligocenico-quaternari di avanfossa. Il retroscorrimento visibile al fronte della catena fa parte del sistema strutturale di "zona a triangolo" (schematizzato nell'inserto in basso a sinistra) che caratterizza questo settore del fronte albanese.

Una caratteristica di questo stile strutturale è quello di non produrre rotture superficiali, rendendo quindi poco probabile la generazione di maremoti rilevanti. Nel contesto dell'Adriatico meridionale anche l'innesco di frane tsunamigeniche appare poco probabile. In primo luogo, la scarpata morfologica che borda il bacino è molto lontana dalla costa e dal fronte sismicamente attivo (Fig. 3). Inoltre, sebbene la scarpata sia interessata da numerose frane recenti e subrecenti, la loro dimensione ridotta non comporta una significativa capacita' tsunamigenica (Argnani et al., 2011).

Un profilo geologico a scala regionale che attraversa l'Adriatico meridionale dalla Puglia all'Albania (Fig. 5; Fantoni e Franciosi, 2010) mostra la flessione della litosfera sottostante la Puglia e l'Adriatico meridionale sotto il carico delle falde tettoniche della catena Ellenico-Albanese. Al fronte della catena il sovrascorrimento basale del sistema della "zona a triangolo" interessa carbonati mesozoici a una profondita' stimata di 10-15 km e potrebbe essere la struttura sorgente dei terremoti di Durazzo e forse anche di quello del Montenegro del 1979. Questo stretto accoppiamento fra catena albanese e crosta apula ha probabilmente favorito la trasmissione delle onde sismiche dall'Albania verso la Puglia.




Fig. 5 - Profilo geologico a scala regionale che attraversa il Golfo di Taranto, la Puglia, l'Adriatico meridionale e il fronte della catena albanese (da Fantoni e Franciosi, 2010). Si nota la riduzione di spessore dei sedimenti carbonatici mesozoici (in verde e azzurro), dalla Piattaforma Apula al bacino sud-Adriatico. La litosfera apula si immerge sotto la catena albanese, flettendosi per il carico e dando origine a un bacino di avanfossa riempito da sedimenti clastici di età oligocenico-quaternaria (in marrone e giallo). La possibile zona sorgente dei terremoti è indicata dall'ellisse in giallo.

 
Riferimenti bibliografici
Argnani A. (2013) -  The influence of Mesozoic palaeogeography on the variations in structural style along the front of the Albanide thrust-and-fold belt. Ital. J. Geosci. Vol. 132, 175-185.
Argnani A., Favali P., Frugoni F., Gasperini M., Ligi M., Marani M., Mattietti G., Mele G. (1993) - Foreland deformational pattern in the Southern Adriatic Sea. Ann. Geof., 36, 229-247.
Argnani A., Bonazzi C., Evangelisti D., Favali P., Frugoni F., Gasperini M., Ligi M., Marani M., Mele G. (1996) - Tettonica dell'Adriatico meridionale. Mem. Soc. Geol. It., 51, 227-237.
Argnani A., Tinti S., Zaniboni F., Pagnoni G., Armigliato A., Panetta D., Tonini R. (2011) - The eastern slope of the southern Adriatic basin: a case study of submarine landslide characterization and tsunamigenic potential assessment. Mar Geophys Res 32, 299–311.
Fantoni R., Franciosi R. (2010) - Tectono-sedimentary setting of the Po Plain and Adriatic foreland. Rend. Fis. Acc. Lincei 21, S197–S209.
Kiratzi A., Dimakis E. (2013) - Focal mechanisms and slip models of moderate size earthquakes in Albania and adjacent countries. Ital. J. Geosci., 132, 186-193.
Mallet R. (1862) - Great Neapolitan earthquake of 1857: the first principles of observational seismology.
Vannucci G., Pondrelli S., Argnani A., Morelli A., Gasperini P., Boschi E. (2004) - An Atlas of Mediterranean Seismicity. Annali di Geofisica, supplementary, 47, 247–306.

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