Studiato l'acquifero costiero emiliano – romagnolo

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SGI

I risultati sono stati presentati al recente Congresso Nazionale Congiunto della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia e della Società Geologica Italiana, tenutosi a Padova!

Greta Moretti – Ricercatrice del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna: " Lo studio ha analizzato l'evoluzione della salinità nell'acquifero costiero emiliano-romagnolo nel periodo 2009–2023, attraverso i dati provenienti da 35 piezometri distribuiti lungo la fascia litoranea!".

"L'acquifero costiero dell'Emilia-Romagna è intrinsecamente vulnerabile ai processi di intrusione salina, che minacciano sia la risorsa idrica sia gli ecosistemi costieri più fragili. Tale vulnerabilità è amplificata da diversi fattori: subsidenza, urbanizzazione, e opere di drenaggio. In questo contesto, l'intrusione marina rappresenta un rischio rilevante per l'equilibrio idrogeologico dell'area. Lo studio ha analizzato l'evoluzione della salinità nell'acquifero costiero emiliano-romagnolo nel periodo 2009–2023, attraverso i dati provenienti da 35 piezometri distribuiti lungo la fascia litoranea. Sono stati valutati gli andamenti delle precipitazioni, i livelli piezometrici e la conducibilità elettrica, producendo mappe tematiche utili a visualizzare l'evoluzione della salinità e della falda. Parallelamente, è stata esplorata la relazione tra aumento della salinità e condizioni di stress della vegetazione, con l'obiettivo di testare l'applicazione di tecniche di telerilevamento a supporto del monitoraggio e di una gestione sostenibile della risorsa. L'analisi non ha evidenziato trend significativi nelle precipitazioni regionali, suggerendo che le variazioni di salinità siano maggiormente condizionate da fattori idrogeologici locali e dalle pratiche di gestione". Lo ha affermato Greta Moretti, ricercatrice dell'Università di Bologna.

Ricerca del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna, lo studio è stato presentato nel recente Congresso Nazionale Congiunto della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia e della Società Geologica Italiana.

 "La salinizzazione risulta accentuata lungo i corpi idrici connessi al mare e nelle zone costiere a tessitura sabbiosa. L'acqua sotterranea dolce è presente solo in porzioni limitate e spesso solo stagionalmente dopo i periodi di piogge invernali e primaverili. Persistono lenti di acqua dolce all'interno delle paleodune e delle dune costiere attuali che svolgono un ruolo di ricarica dell'acquifero costiero e in corrispondenza di alcuni canali e altre aree dove l'irrigazione agricola crea un surplus di acque dolci in grado di ricaricare l'acquifero sottostante. Nelle restanti parti dell'acquifero si raggiungono salinità maggiori di 10 g/l, con valori estremi simili a quelli dell'acqua di mare nelle aree più prossime alla costa o alle lagune costiere. I valori piezometrici più bassi sono stati registrati nelle aree occidentali e settentrionali, dove l'acquifero presenta un comportamento semiconfinato. In queste zone, il territorio, topograficamente situato a livello o al di sotto del livello del mare, è soggetto a un intenso drenaggio. Lo stato della vegetazione – ha concluso la Moretti - valutato tramite indice NDVI, varia in funzione della prossimità ad acque salinizzate: le pinete e la vegetazione naturale mostrano resilienza a livelli moderati di salinità, mentre le colture agricole risultano più sensibili, evidenziando chiari segnali di stress. I risultati indicano che, sebbene gli ecosistemi costieri naturali presentino una certa tolleranza, la salinità rappresenta una minaccia consistente per la produttività agricola e per l'equilibrio ecologico, soprattutto in un contesto di cambiamento climatico. Lo studio conferma la necessità di un monitoraggio continuo e di strategie di gestione adattive per mitigare gli effetti della salinizzazione. Pur con alcune limitazioni, dovute sia alla disponibilità di dati alla risoluzione adeguata sia al ritardo tra l'insorgenza di fenomeni di salinizzazione del suolo e delle acque e la successiva manifestazione dei loro effetti sulla vegetazione, l'integrazione del telerilevamento consente di superare i limiti delle sole osservazioni puntuali, permettendo di rilevare variazioni e segnali di stress vegetativo anche a scala territoriale più ampia. Questa prospettiva estesa rende più efficace la valutazione della vulnerabilità degli acquiferi costieri e fornisce un supporto concreto ai processi decisionali per una gestione sostenibile delle risorse idriche e del territorio. Questa ricerca è stata condotta nell'ambito del partenariato esteso RETURN e ha ricevuto finanziamenti dall'Unione Europea Next Generation EU (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR, Missione 4, Componente 2, Investimento 1.3 – D.D. 1243 del 2/08/2022, PE0000005). È stata inoltre supportata dal progetto CIRCE (Conseguenze delle alluvioni in aree costiere ), finanziato dal Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna (Italia) ".