Silvio Vardabasso (Buie d'Istria 19/4/1891- Vicenza 16/12/1966)

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Società Geologica Italiana

a cura di ALESSIO ARGENTIERI (Sezione di Storia delle Geoscienze)
 

Di famiglia istriana con forte senso di italianità, Silvio completò gli studi giovanili a Capodistria e si iscrisse dapprima all'Università di Vienna- Facoltà di Scienze e Chimica, passando poi a Padova, dove si laureò in Scienze Naturali nel 1919. L'anno successivo divenne assistente di Giorgio Dal Piaz alla cattedra di geologia, e nel 1925 ricevette l'incarico di insegnamento di mineralogia e geologia alla R. Scuola di ingegneria; nel 1928 conseguì la libera docenza in geologia. In quegli anni Dal Piaz lo coinvolse anche nel progetto Carta Geologica delle Tre Venezie, per la quale partecipò al rilevamento di vari fogli.

Nel 1931 fu designato titolare della cattedra di geologia all'Università cagliaritana e si trasferì con la famiglia in Sardegna, dove egli diede nuovo impulso agli studi geologici sull'isola, sulla scia delle ricerche pionieristiche di Alberto Lamarmora, a cui fecero seguito tra tutti Domenico Lovisato (anch'egli istriano) e Michele Gortani. In oltre un trentennio di ricerche egli acquisì approfondite conoscenze della Sardegna, dal Cambriano al Quaternario, poi riversate nei suoi studi d'insieme. A lui si deve la riorganizzazione dell'Istituto di Geologia e del Museo geominerario di Cagliari, quest'ultimo danneggiato pesantemente dai bombardamenti nel 1943. Tutta la sua carriera accademica si svolse presso l'ateneo cagliaritano (di cui presiedette anche la facoltà di Scienze) sino al suo collocamento a riposo avvenuto nel 1961, con contestuale nomina a professore emerito.
Fu professionalmente impegnato nella questione giuliano-dalmata per la definizione del confine nazionale orientale; fece infatti parte della Commissione italiana delegata alla Conferenza di pace di Parigi del 1946, su nomina dal Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi. La questione lo coinvolse profondamente anche dal punto di vista umano, e si adoperò per l'accoglienza dei profughi nel centro di Fertilia.

La sua corposa produzione scientifica abbracciò varie discipline specialistiche (geologia stratigrafica e regionale, tettonica, magmatismo e metamorfismo, geomorfologia, carsismo, e idrogeologia, geologia applicata e risorse minerarie). Nella parte iniziale della carriera lavorò in Istria, nelle Prealpi venete e nelle Dolomiti, in particolare sul distretto magmatico di Predazzo e dei Monti Monzoni, di cui continuò comunque ad occuparsi per un quarto di secolo. Gran parte dei suoi lavori vertono sulla Sardegna: stratigrafia dal Paleozoico sino al Quaternario, tettonica e orogenesi, vulcanismo, geomorfologia, risorse minerarie. Produsse anche alcuni contributi sulla Calabria, sull'Africa settentrionale e sui Balcani. In gioventù si confrontò con le allora recenti teorie di Alfred Wegener, delle quali seppe intuire la grande portata innovatrice, pur nutrendo forti perplessità sulle non dimostrate cause delle mobilità dei continenti.

Viene ricordato per sue notevoli capacità didattiche e divulgative, nonché per la sensibilità riguardo alla scienza applicata alla gestione del territorio, molti anni prima che il ruolo professionale del geologo venisse formalmente riconosciuto. In Sardegna prestò la sua consulenza per opere pubbliche di rilevante interesse, quali interventi di bonifica e bacini idroelettrici, in primis quello del Flumendosa.

Fu socio della Società geologica italiana, di cui fu presidente nel 1952, membro del Comitato nazionale per la geologia del C.N.R., presidente della sezione sarda dell'Istituto italiano di paleontologia umana, presidente dell'Ente provinciale per il turismo di Cagliari, fondatore del Centro speleologico sardo, socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei, membro della Geologischen Gesellschaft di Vienna. Ottenne la medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte (1961) e la medaglia d'oro di benemerenza dell'Università di Cagliari (1966). A lui sono intitolate strade di Predazzo, Buie d'Istria, Sassari e Cagliari, un'aula dell'Istituto geologico dell'Università di Cagliari e una targa apposta dal CAI cagliaritano lungo la passeggiata di Nebida (Sulcis- Iglesiente).


BIBLIOGRAFIA
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