Rodolfo Carosi (Presidente Società Geologica Italiana) : "Grazie all'evacuazione preventiva degli abitanti e al monitoraggio costante della montagna nei giorni precedenti, il disastro non ha causato una strage".
Valter Maggi (Presidente del Comitato Glaciologico Italiano ) : "Negli ultimi decenni il versante del Kleins Nesthorn era in gran parte ricoperto da ghiaccio e permafrost (terreno perennemente ghiacciato). Il riscaldamento climatico causa il ritiro dei ghiacciai e lo scongelamento del permafrost in alta montagna. Questo evento ha mostrato come un costante monitoraggio dei ghiacciai, pur non potendo impedire che i cambiamenti in atto nelle nostre montagne avvengano, anche a causa del riscaldamento globale, permette di prevenire e limitare gli impatti di questi fenomeni".
"Quanto è accaduto a Blatten testimonia che la conoscenza dettagliata del territorio insieme alla prevenzione e al monitoraggio dei fenomeni franosi, uniti al massimo sforzo per diminuire le emissioni di C02 di origine antropica nell'atmosfera siano essenziali per affrontare in modo razionale le sfide climatiche dei prossimi decenni.
Il 28 maggio 2025, nel primo pomeriggio (ore 15,24 ora locale), un evento catastrofico ha colpito la valle della Lötschental, nelle Alpi svizzere. Un'enorme valanga di ghiaccio e roccia si è sviluppata sul versante nord del Kleins Nesthorn (una montagna di 3342 metri sopra il villaggio di Blatten) coinvolgendo il ghiacciaio di Birch e si è riversata a valle. Si tratta di una valle all'interno del cosiddetto massiccio dell'Aar-Gottardo, caratterizzato essenzialmente da rocce metamorfiche e graniti, che si presentano foliate e fratturate.
La massa di detriti, stimata in circa 10 milioni di metri cubi, è precipitata per circa due chilometri lungo la montagna, riempiendo il fondovalle per oltre 2 km in lunghezza e risalendo persino per qualche centinaio di metri in altezza sul versante opposto. L'impatto è stato devastante: il villaggio di Blatten (a circa 1500 metri di altitudine) è stato sepolto e distrutto per il 90% sotto decine di metri di ghiaccio, detriti e neve, e il torrente Lonza che scorre nella valle è stato sbarrato dall'accumulo, formando un lago artificiale dietro la frana.
Fortunatamente, grazie all'evacuazione preventiva degli abitanti e al monitoraggio costante della montagna nei giorni precedenti, il disastro non ha causato una strage: al momento si segnala solo una persona dispersa. Infatti, l'enorme crollo del 28 maggio è stato preceduto da segnali premonitori. Da anni il lato settentrionale del Kleins Nesthorn mostrava piccoli crolli e frane minori. A partire da metà maggio 2025 la situazione è peggiorata rapidamente. Tra il 19 e il 20 maggio un intero settore della parete rocciosa instabile si è messo in movimento in profondità, coinvolgendo diversi milioni di metri cubi di roccia. In poche ore la cresta della montagna ha ceduto e si è abbassata di quasi 100 metri. Una quantità enorme di detriti (centinaia di migliaia di tonnellate di roccia) è caduta e si è accumulata sul ghiacciaio alla base della parete, il ghiacciaio di Birch, un piccolo ghiacciaio che si estendeva fino a circa 2600 metri di altitudine. Sul fianco innevato della montagna è apparsa una vasta cicatrice marrone nel punto da cui la massa rocciosa si è staccata". Lo ha affermato Rodolfo Carosi, Presidente della Società Geologica Italiana.
La fronte del ghiacciaio, nei giorni scorsi si è mossa a una velocità superiore ai 10 metri al giorno.
"Dopo questo grande crollo iniziale di roccia, l'attenzione si è spostata dal versante roccioso al sottostante ghiacciaio di Birch. Il ghiacciaio, caricato dall'enorme massa di rocce cadute, ha cominciato a scivolare verso valle molto più velocemente del normale. Nei giorni successivi la fronte del ghiacciaio si è mossa a una velocità eccezionale, superando i 10 metri al giorno. Mentre la frana di roccia sembrava temporaneamente stabilizzata dopo il 20 maggio, il ghiacciaio diventava sempre più instabile e rapido. Tutto questo ha portato all'evento finale del 28 maggio: il collasso improvviso del ghiacciaio (probabilmente accompagnato da altri crolli di roccia residua) ha generato la valanga gigantesca che ha investito Blatten.
I dati a disposizione e gli esempi di altri fenomeni simili sulle Alpi suggeriscono che diverse cause, legate soprattutto al riscaldamento climatico, abbiano contribuito a questo disastro. Negli ultimi decenni il versante del Kleins Nesthorn era in gran parte ricoperto da ghiaccio e permafrost (terreno perennemente ghiacciato). Il riscaldamento climatico causa il ritiro dei ghiacciai e lo scongelamento del permafrost in alta montagna. Quando il ghiaccio che riveste le pareti , la roccia sottostante ha perso il supporto e la "morsa" che la teneva stabile: ha subito una sorta di decompressione – Valter Maggi, Presidente del Comitato Glaciologico Italiano (www.glaciologia.it) - si è ulteriormente fratturata. Inoltre, l'acqua di fusione del ghiaccio, insieme alle piogge sempre più frequenti in quota, si è infiltrata in profondità nelle fessure della montagna. Questa acqua liquida ha riscaldato e indebolito ulteriormente il terreno gelato, aumentando la pressione interna nelle rocce e rendendo l'intera parete più instabile. In parallelo, i crolli di roccia di maggio hanno sovraccaricato il ghiacciaio Birch: il peso enorme dei detriti e il calore generato dall'attrito sul ghiaccio hanno funzionato da innesco, facendo scivolare il ghiacciaio molto più velocemente e preparandone il cedimento finale.
La rarità di questi eventi e l'assenza di una loro documentazione sistematica rendono difficile stabilire con certezza l'esistenza di un trend di aumento della loro frequenza di occorrenza. Tuttavia, l'evento che ha colpito il Ghiacciaio di Birch presenta tutti gli ingredienti per essere considerato una conseguenza dei cambiamenti ambientali in atto per effetto del riscaldamento climatico in corso. In particolare, la parete rocciosa dove si sono sviluppati i crolli ha subìto negli ultimi decenni una deglaciazione e presumibilmente una degradazione del permafrost (la quota - 3300 m, e l'esposizione del versante – N sono tra le più favorevoli allo sviluppo di instabilità per effetto della degradazione del permafrost), nonché una perdita di sostegno al piede per effetto dell'abbassamento del Ghiacciaio di Birch. In aggiunta, il settore frontale del ghiacciaio (quota fronte 2500 m ca) si trova in condizioni temperate e dunque può facilmente fornire acqua di fusione che ne accelera il flusso. La grande quantità di acqua sembra comprovata dalla notevolissima mobilità del flusso di ghiaccio detriti e neve (ad una prima stima un valore di H/L pari a 0,30, il valore più basso trovato da Chiarle et al., 2023 per le Alpi Italiane è stato di 0,33).
Eventi di questo tipo, con il coinvolgimento combinato di una grande frana rocciosa e del collasso di un ghiacciaio, sono rari ma sembrano in aumento negli ultimi anni sulle Alpi. La successione di grandi crolli in alta montagna sta diventando preoccupante. Basti ricordare il crollo di Punta Thurwieser (massiccio Ortles-Cevedale) nel 2004, quello del Pizzo Cengalo (Alpi della Bregaglia) nel 2017, e più di recente il collasso di una parte del Piz Scerscen (massiccio del Bernina) nell'aprile 2024. Questi esempi mostrano come fenomeni simili stiano accadendo con maggiore frequenza. Tuttavia, il disastro di Blatten spicca per le sue conseguenze: raramente un evento del genere aveva distrutto così gran parte di un centro abitato. L'insieme di un'enorme frana più il crollo di un intero settore glaciale ha prodotto un impatto eccezionale, forse il peggiore mai registrato in tempi recenti in Svizzera".
Attenzione rivolta al lago formatosi sul torrente Lonza.
"In eventi di questo genere la previsione è fondamentale. Dopo aver riconosciuto i segni premonitori dell'instabilità, occorre attivare servizi di monitoraggio con tempi di rivisitazione giornalieri e con risoluzioni geometriche elevate.
In questi casi i dati geospaziali di osservazione della terra, da satellite o da aereo, come le immagini ottiche multi spettrali possono aiutare per monitorare gli spostamenti superficiali e stimare il grado di pericolosità.
In fase di post-evento le stesse immagini permettono di classificare la tipologia di roccia esposta, visualizzare eventuali tracce di acqua e monitorare gli eventuali bacini lacustri che si possono formare come nel caso di Blatten.
Ora l'attenzione è rivolta al lago che si è formato dietro la diga naturale di detriti sul torrente Lonza. Questo lago di sbarramento continua a riempirsi rapidamente – ha concluso Valter Maggi, Presidente del Comitato Glaciologico Italiano (www.glaciologia.it) - perché l'acqua del fiume è bloccata dalla frana. Se il livello dell'acqua dovesse salire troppo, c'è il rischio che la diga di detriti ceda all'improvviso oppure che l'acqua tracimi repentinamente, causando un'ondata improvvisa a valle. Le autorità svizzere stanno monitorando la situazione ora per ora e hanno già evacuato per precauzione alcune case nei villaggi più a valle. Si stanno anche pianificando interventi per scaricare l'acqua in modo controllato dal lago artificiale, così da scongiurare un possibile secondo disastro nelle comunità a valle. In definitiva, il caso di Blatten dimostra come la fusione dei ghiacciai e l'instabilità dei versanti montuosi possano portare ad effetti catastrofici, e mette in evidenza la necessità di vigilare attentamente su questi rischi nell'ambiente alpino.
Questo evento ha mostrato come un costante monitoraggio dei ghiacciai, pur non potendo impedire che i cambiamenti in atto nelle nostre montagne avvengano, anche a causa del riscaldamento globale, permette di prevenire e limitare gli impatti di questi fenomeni".